Green Pass per uscire dalle trincee
Era nell’aria da tempo ed ora è arrivato. Anche in tabaccheria, come in tutti gli altri luoghi dove si svolgono attività lavorative, nel pubblico e nel privato.
Mi riferisco all’obbligo di possedere il Green Pass, il salvacondotto di questo periodo che sotto molti aspetti possiamo definire bellico, perché il virus con cui stiamo convivendo da tanto tempo è un nemico da combattere con ogni arma.
Non entro nel merito della scelta governativa: giuslavoristi, politologi, scienziati, virologi ed opinionisti hanno già detto la loro. Quello che sommessamente mi limito ad osservare è che tutte le categorie imprenditoriali, duramente colpite dalla pandemia, hanno bisogno di ripartire, di respirare un po’ di ossigeno, di lavorare e di dare lavoro.
Se questo, per una minoranza di cittadini, implica un sacrificio, sotto forma di vaccino o di tampone, credo si possa tollerare.
Diversamente il prezzo da pagare sarebbe troppo alto, per chi ogni giorno si sforza di tirare su una saracinesca nonostante tutto, ma anche per chi nelle trincee delle corsie di ospedale compie turni massacranti per arginare l’infezione, per restituire i malati all’affetto dei loro cari, per salvare vite umane.
La tutela della salute è un bene primario, l’interesse pubblico in questo caso ha la precedenza, come l’ha sempre avuta nel nostro mondo quando le regole sulla vendita del tabacco diventavano più stringenti e noi, responsabilmente, le abbiamo accettate.
Giovanni Risso