Grandi e vaccinati
Dopo un anno dall’inizio di questo incubo pandemico, ci troviamo ancora a parlare di diffusione del virus e della temutissima «terza ondata» che alcuni virologi prevedono per la prossima primavera.
Dai balconi delle case di tutta Italia sono spariti gli striscioni arcobaleno con la scritta «andrà tutto bene» e molte strade di paesi e città sono letteralmente deserte e spesso buie, perché le insegne di bar e negozi sono spente.
Noi, comunque, ci siamo.
Le tabaccherie sono aperte, le nostre insegne sono accese e non è poco. In questo momento, assicuriamo quel minimo di normalità di cui tutti i nostri concittadini hanno un disperato bisogno.
Però, per continuare a garantire normalità, servizi e prossimità alla nostra clientela, abbiamo bisogno anche noi di sicurezza.
Siamo una categoria a rischio, perché prossimità significa contatto, quello al quale non possiamo e vogliamo rinunciare, giacché siamo parte integrante del tessuto sociale ed economico della collettività.
Abbiamo perciò chiesto al Ministro della Salute, al Commissario per l’emergenza epidemiologica, al Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità ed al Presidente della Conferenza Stato-Regioni, di rivedere il Piano vaccinale approvato poche settimane fa, inserendo in via prioritaria la nostra categoria tra quelle destinatarie della somministrazione del vaccino, naturalmente subito dopo gli anziani e i soggetti più fragili.
Ci sembra una doverosa attenzione per 150.000 tra titolari, coadiutori ed assistenti che ogni giorno sono al servizio dello Stato con impegno, dedizione e professionalità.
Una rete che tutti considerano sussidiaria della Pubblica Amministrazione e che in moltissimi casi ha sostituito integralmente sportelli bancari e postali e che merita questa attenzione.
Giovanni Risso