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Come in una brutta favola: il tabaccaio spremuto

cop 05 2020C’era un tempo un tabaccaio felice, che viveva con la sua famiglia in una ridente cittadina, dove gestiva un fiorente negozio grazie agli sforzi di tutti i familiari e alla collaborazione dei fornitori, dei partner commerciali e al controllo dello Stato che soprintendeva alle attività di vendita.

Il lavoro infatti era tanto, ma tante erano anche le soddisfazioni.

Arrivava a fine serata stanco ma consapevole di aver portato ricchezza allo Stato e ai suoi partner commerciali nonché beni e servizi ai cittadini.

Tutto filava liscio, finché un giorno qualcuno ruppe il patto e pensò di spremere il tabaccaio (cfr con la favola pubblicata a pag. 7) per ottenere ancora più... «oro».

Da quel momento in poi, aumentarono gabelle e oneri gestionali da parte dello Stato, che introdusse anche limiti sempre più ampi alla sua attività (dal divieto di pubblicità, alle limitazioni orarie, ai distanziometri) il tutto condito da atteggiamenti commerciali dei partner, quali canoni e vincoli contrattuali sempre più stringenti, che certo non aiutarono.

Il tabaccaio cominciò a sfiorire e con lui tutta la sua famiglia.

Quanto potrà durare ancora la sua attività?

La storia del tabaccaio felice che ripercorre quella della gallina dalle uova d’oro ci insegna che, finché ognuno ha avuto quanto gli competeva, gli affari sono stati fiorenti per tutti.

Oggi che qualcuno, approfittando della propria posizione, pretende più del dovuto, i tabaccai, anello debole della filiera, sono i primi a soccombere proprio come la gallina. Ma a seguire arriverà il momento delle difficoltà anche per gli avidi contadini.

Ecco perché allo Stato chiediamo maggiore attenzione, come Ente regolatore tenuto a controllare tutti coloro che utilizzano le sue concessioni e la nostra rete per la vendita di beni o servizi. Ma soprattutto allo Stato chiediamo un aumento degli aggi, in particolare laddove gli stessi sono riconosciuti per legge e vengono decurtati da canoni imposti da provider che il loro aggio invece continuano a percepire per intero.

Agli Enti locali, che dello Stato sono parte, chiediamo di decidere rispettando il principio costituzionale della libertà di impresa e non secondo demagogia e populismo, inventando emergenze sanitarie che non esistono.

Ai provider di giochi e servizi chiediamo di ricominciare a guadagnare con noi e non sopra di noi.

Del resto tutti, Istituzioni e soggetti imprenditoriali pubblici e privati, vogliono sempre più avvalersi dei nostri esercizi, di cui riconoscono la qualità, la capillarità e l’alto valore sociale.

È arrivato il momento di riconoscere anche il giusto valore economico del nostro lavoro.

Se necessario, siamo pronti a tornare in piazza per reclamare, peraltro, nulla di più che il dovuto!

Chissà che la gallina non riprenda a fare uova d’oro per il benessere di tutti.

 

                                                                                 Giovanni Risso

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