È tempo di dire basta!
La pazienza è una virtù che non ci manca, ma le nostre inesauribili scorte stanno finendo perché qualcuno ne abusa oltre la soglia della straordinaria tollerabilità.
Siamo una categoria di grandi lavoratori, che si dedicano con passione e sacrificio al servizio dello Stato e della collettività, ma il trattamento che ci viene riservato ultimamente dalle Istituzioni non è certo pari alle parole di elogio spese dai rappresentanti delle medesime.
Anzi...
In un’azienda che funzioni, normalmente l’imprenditore riserva al proprio personale un trattamento in linea con le norme in materia di lavoro e con il buonsenso.
Buonsenso che suggerisce, anzi impone, di attuare politiche premiali per i collaboratori che raggiungono gli obiettivi prefissati e li consolidano, garantendo all’azienda una certa stabilità.
Beh, se provo a traslare questo banale ragionamento nella nostra realtà, la logica va a farsi benedire.
Abbiamo un imprenditore, lo Stato, che affida ai suoi collaboratori, noi tabaccai, l’incarico di garantire la distribuzione controllata di prodotti meritevoli di attenzione per la salute e per l’ordine pubblico (tabacco e prodotti assimilati, giochi).
I collaboratori sgobbano duramente, non chiudono più neppure la domenica e, con il loro lavoro, la loro passione, la loro dedizione, assicurano fiumi di denaro nelle casse dello Stato, garantendo anche gli obiettivi di carattere sanitario.
La logica economica di cui sopra farebbe pensare che lo Stato e le sue articolazioni, pienamente soddisfatti dei risultati conseguiti, premino i propri collaboratori o, nella peggiore delle ipotesi, diano loro una pacca sulla spalla.
Nulla di più sbagliato. Al posto della pacca sulla spalla i collaboratori ricevono una bella pedata.
Infatti, l’imprenditore (lo Stato), anziché premiarli, rende loro la vita più difficile con regole soffocanti, impedendo un armonico sviluppo delle loro potenzialità, fino al punto di giungere a deprimere il loro reddito, riducendone molti a livelli di mera sussistenza.
Questo è esattamente quanto sta accadendo alla nostra categoria, nel silenzio assordante.
Ogni riferimento alle schizofreniche norme nazionali, regionali e locali in materia di gioco pubblico, che destrutturano il settore, lo impoveriscono e lo consegnano al mercato illegale è puramente voluto.
Ogni riferimento alle miopi politiche fiscali, che arrivano a frugare nelle nostre tasche per raccogliere altre risorse, è assolutamente voluto.
Ogni richiamo alla necessità che sia riconosciuta al nostro lavoro un’adeguata remunerazione è indifferibile.
È arrivato il tempo di dire basta. È arrivato il tempo di rompere il silenzio assordante sul nostro stato di crisi.
Ci faremo sentire stavolta... eccome!
L’appuntamento è a Roma, l’8 maggio prossimo.
Arriveremo da tutta Italia per scendere in piazza e chiedere attenzione, tutela e rispetto.
Giovanni Risso