Competenza e professionalità al posto dei divieti
Il I Convegno Nazionale sul gioco d’azzardo in Italia svoltosi a Roma lo scorso 18 ottobre è stato frutto di un lavoro imponente eseguito dall’Istituto Superiore di Sanità nel corso degli ultimi tre anni.
Come ha sottolineato con orgoglio il Presidente dell’ISS Walter Ricciardi, si tratta di un’indagine che per numero dei soggetti coinvolti e per ampiezza di metodologie adottate non ha eguali a livello mondiale.
L’autorevolezza e competenza dello studio sono quindi incontrovertibili così come sono incontrovertibili le risultanze scientifiche cui è giunto.
Primo fra tutti, il fatto che vietare la pubblicità sul gioco non serve a prevenire il fenomeno ludopatico. Lo dicono i numeri: l’80,7% dei giocatori cosiddetti «sociali» (che non hanno cioè alcun problema con il gioco e lo vivono serenamente e semplicemente come svago) ha dichiarato di non aver scelto di giocare in base alla pubblicità vista o sentita. Come a dire, l’ha vista, ma questa non ha influito minimamente sulla scelta di giocare.
Altra conclusione dell’indagine: i «distanziometri», con i quali si delimita l’offerta di gioco legale con riguardo ai luoghi sensibili, non rappresentano una misura efficace a prevenire la ludopatia.
Il giocatore problematico, infatti, per giocare sceglie comunque luoghi distanti da quelli frequentati normalmente (casa, ufficio, palestra). È quindi naturalmente portato a migrare ovunque vi sia garanzia di riservatezza e anonimato. Non per caso, il giocatore sociale – quello che, lo ribadiamo, vive il gioco nella sua naturale accezione e cioè come semplice attività di svago – fa esattamente il contrario: restando sotto lo sguardo di tutti, predilige il gioco sotto casa o nei pressi dell’ufficio, offerto in ambiente aperto come la tabaccheria (luogo di gioco per l’82% dei giocatori).
Nei prossimi numeri del giornale pubblicheremo un resoconto di questo importante studio. Qui, al momento, ci basta riflettere su queste poche ma basilari considerazioni per abbracciare senza riserve quella che è stata la conclusione cui tutti, ma proprio tutti, gli autorevoli relatori del convegno sono giunti e cioè che per prevenire i disturbi da gioco d’azzardo è necessario accrescere la conoscenza del fenomeno e investire ulteriormente in formazione e preparazione di tutti i soggetti coinvolti: esercenti, operatori socio-sanitari, istituzioni scolastiche.
La chiave di volta è questa. I divieti non servono. Servono competenza e professionalità offerte da punti di vendita qualificati, come lo sono le tabaccherie. Del resto stiamo parlando di una delle cose più connaturate all’essere umano: il gioco. Trattiamolo per quello che è, non come un mostro da combattere.
Giovanni Risso